Il ricordo della felicità e la paura di perderla ancora.

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Il Ricordo della Felicità e la Paura di Perderla Ancora – Il Tempo di Andrea – di Maria Rosaria Valentini.

 

Il Tempo di Andrea, di Maria Rosaria Valentini, è un’opera atipica ma che colpisce, e lo fa andando a solleticare il gusto di chi ama la musicalità e la magia della prosa raffinata, ma anche a incuriosire e poi commuovere il lettore avvezzo ai capovolgimenti interiori dell’anima che vive e si domanda, che langue ma si riprende indefessa, speranzosa e spronata alla resilienza dalla consapevolezza, o anche solo dal ricordo, degli affetti, così come dalla semplice bellezza di un tramonto o dalla naturale imprescindibilità della pace del passeggiare, senza meta, nella meraviglia della natura. Narratrice ma anche poeta, la Valentini imbastisce un affascinante e sofferto viaggio immoto: viaggio nei ricordi di un uomo che ha vissuto la gioia per poi perderla, immoto perché sono la mente e la memoria che tornano al passato, mentre il corpo, ferito e ormai precario, si nasconde al mondo in una stanza di ospedale. Una prosa introspettiva e molto personale dunque, alternata a sprazzi di lirismo, romanzo e poesia insieme, in un’opera che sorprende per la complessa semplicità.

Corpo offeso e anima ferita; la vita nel ricordo.

Si chiama Andrea ma in ospedale nessuno lo sa, dunque lo chiamano Silos; dopo il malore che lo ha gettato in quel fosso, lasciandocelo per più di un giorno senza documenti e identità, è passato del tempo e il suo corpo piano piano ha ricominciato a funzionare. Ma lui non se la sente di dirlo ai dottori, preferisce fingere che la sua carne permanga debole e la sua mente continui a latitare, a vagare lontano… E in parte è vero, perché Andrea pensa a ieri, a quel passato che ha perduto, a quella natura che attraversava nelle sue lunghe passeggiate senza tempo e spazio, confondendosi e godendo della sensazione di estrema naturalezza di far parte del tutto. Caldo è il ricordo della placida quiete della sua amata famiglia: la salda e amabile madre Magnifica, il silenzioso e premuroso padre Leandro, l’anziana e affettuosa nonna. Ma ripensa anche alla figlia, con prudenza e paura, perché il ricordo di ciò che prezioso è anche perduto, può sgretolare. E poi Ernestina, la moglie così unica, colei che poi è cambiata, che Ernestina non è più stata, così rosa dalla gelosia e dall’insofferenza, da non volerlo più, da negargli persino la figlia… Andrea è sopraffatto, la fragilità del corpo gli fa presente quella del cuore, spezzato e claudicante; potrà tornare a battere? Potrà costringerlo ancora a un simile, rischioso sforzo, tornando là fuori, affrontando la vita e la perdita? Intanto rimanda, intanto fa finta, e ai dottori offre un sé stupido, intontito, un Silos vuoto che non capisce, perché forse è pure vero, solo i ricordi oppone al vuoto che ha dentro. Intanto rimanda, un giorno ancora…

Ma non resiste per Ernestina, perché infine si può sopravvivere con un amore perduto. Lo si può portare in petto comunque, anche se è andato all’inferno. Anche se non c’è rimedio. E si può scavalcare la staccionata anche se c’è un incrocio in mezzo al torace che fa male. Invece è per sua figlia che si batte. I figli sono figli. Non c’è ragione per lasciarseli scippare.

 

Diversità come debolezza nel prepotente mondo degli uomini.

Il tema principe di questo lavoro è chiaramente quello del ricordo, ma anche quello della diversità, e in questo caso specifico, quella che si concretizza con una sensibilità eccessiva, una delicatezza e una purezza interiore e di pensiero che vengono scambiate e mutate in debolezza, in un mondo che divora e prevarica. Andrea è prevaricato per il semplice fatto che è buono, spontaneo, è parte innocente di una natura che placida si concede ma che costantemente soccombe alla brama e alla prepotenza dell’uomo che se ne sente padrone.

Secondo te, noi viviamo davvero tutto quello che ci appare oppure in buona parte immaginiamo soltanto di essere nel reale e invece non ci siamo, siamo altrove? A bagno in un crepaccio di sogni?

Come un campo da smantellare per costruirci con cemento e mattoni, come un torrente limpido da intorbidare con i residui delle lavorazioni industriali, Andrea è la natura indifesa che può opporre solo amore e spontaneità al rancore e alle pretese di chi, nell’egoismo, sente il proprio unico sprone a continuare e sopravvivere; Ernestina è colei che nel magico ma indifeso marito trova la vittima sacrificale ideale per sfogare la propria prepotenza, la propria insofferenza di vivere, l’invidia per quell’esistere leggero, circondato da semplici affetti famigliari, che invece Andrea non fatica ad abbracciare.

Ernestina era entrata in competizione con i giochi della vecchia portiera, con le uscite solitarie di Andrea, con i suoi appunti, le fotografie, le strofe, con le stoviglie di Magnifica, con la sua voce, con quella di Leandro. Nel timore di perdere qualcosa, aveva dunque preferito perdere tutto, in un colpo solo, e soffrire una volta per sempre.

 

Imprescindibilità dell’offeso legame genitori figli.

Colpisce dunque, ed intristisce, la consapevolezza che spesso, nel mondo degli uomini, saper seguire la corrente dell’esistere, sentirsi parte della natura, rispettandola, amando i suoi ritmi e perdendosi nei suoi tempi dilatati, equivale ad apparire fragili e diversi, inaffidabili, come se non si potesse, in una savana prepotente, che essere fiere feroci che dilaniano la carne senza vedere l’anima che contiene. Il Tempo di Andrea in un certo senso è anche una denuncia nei confronti di un sistema legislativo che tutela poco e niente i padri separati o divorziati, che spesso perdono la preziosa assiduità con cui ogni genitore dovrebbe stare col proprio bambino. Il legame che lega genitori e figli è inestricabile e alla base della vita stessa, violarlo, come accade con troppa frequenza ormai, a volte addirittura per un semplice capriccio di una madre egoista, è una violenza indicibile che l’abitudine ha troppo spesso ammantato di normalità.

La perdita, e la rinuncia di fronte alla possibilità di perdere ancora.

Ma allora cosa ci fa Andrea in quell’ospedale, se si sente meglio, se si ricorda tutto, se sente tanto la mancanza della figlia e della sua famiglia, di quella natura bella e amata in cui si perdeva nelle lunghe passeggiate senza tempo né meta? Perché sembra mentire ai dottori, fingendo di essere malato, instupidito, inadatto al mondo fuori che tanto brama? Forse perché quel mondo, quello degli uomini, l’ha scottato, l’ha ferito, e quello che di amato vi ha lasciato e perduto, potrebbe essere dolorosamente irraggiungibile, impossibile da rivivere, mentre nel ricordo, protetto dal limbo dell’ospedale, la memoria potrà tornare indietro, vivere ancora, amare e gioire… A volte il mondo ci toglie il coraggio, e le ferite interiori sono dure a rimarginarsi; ci vuole tempo, immaginazione e amore, tanto amore, per gli altri ma anche per se stessi. Il Tempo di Andrea è un romanzo intimo e sofferto, poetico e toccante come pochi, che riguarda tutti noi, più di quanto immaginiamo.

Luca

 

 

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paginerecensioni-ricordo-felicita-tempo-Andrea-copertinaIl tempo di Andrea
Maria Rosaria Valentini
Editore: Sellerio
Anno 2018
Pagine 193|brossura
€16,00
EAN:9788838937439

 

 

La trama.

Andrea non parla, e nessuno conosce la sua identità. Si ritrova apparentemente senza memoria in un letto di ospedale, e solo a lui è affidata la ricostruzione di una vita. Sembra nascondere una fuga da amori scomparsi e tuttavia inestirpabili, ed è segnato da un dolore che non riesce a condividere. In balia del presente, di infermieri e dottori, circondato da pazienti smarriti e silenziosi, fatica a riprendersi la sua esistenza. Non parla, ma in realtà vive nel ricordo, non fa che chiacchierare e interloquire con se stesso. I medici lo studiano, lui studia i medici che non si sono accorti che sta guarendo. Non vuole che lo sappiano, si sente abbandonato nella sua stanza, e soprattutto si chiede: ma com’è possibile che nessuno sia riuscito a risalire a lui, che nessuno abbia scoperto che si chiama Andrea, che ha avuto una moglie, una figlia, un lavoro? Il passato riaffiora attraverso la faticosa memoria delle persone care, delle quali annota ricordi e frammenti di vita, scrivendo di nascosto e continuamente occultando queste sue confessioni. È sempre sul punto di raccontare tutto ai medici, e sempre procrastina la sua rivelazione. Dalle parole non dette ma pensate scaturiscono storie, personaggi, situazioni, si va formando la strada che lo riporterà lentamente al presente, che potrebbe farlo ritornare a casa. Nella sua mente è come un teatro di carne e di ombra, c’è l’ex moglie Ernestina, con la quale ha avuto una separazione più intensa di un’amputazione fisica. Poi la figlia, alla quale non riesce a rinunciare, e il padre Leandro, e un’emozione di costante nostalgia per la madre Magnifica, custode dei racconti di famiglia, e per la portinaia Zaira, con la quale ha condiviso tanti segreti. Le loro vicende, l’ascesa di Andrea verso la consapevolezza, diventano materia di avventura e di ricerca, in un percorso psicologico profondo narrato con scrittura lucida e raffinatissima, colma di un mistero sorprendente.

 

L’autrice.

Maria Rosaria Valentini è scrittrice e poeta. Nata nel 1963, si laurea a Roma in germanistica e da molti anni vive in Svizzera. Ha pubblicato il racconto Quattro Mele Annurche, il romanzo breve Antonia, per Gabriele Capelli Editore, e Mimose a Dicembre (Keller 2013). Con questa casa editrice Magnifica (2016), di prossima pubblicazione in Germania e Francia, che ha vinto il Premio Umanistico Onor d’Agobbio Città di Gubbio 2016 e il Premio Biblioteche di Roma 2017 e Il Tempo di Andrea (2018).