Indomite! La schiavitù delle Donne

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Indomite! La Schiavitù delle Donne – Le Donne della Notte – di Marlon James.

 

Le Donne della Notte, di Marlon James, è un libro che parla di schiavitù, sopravvivenza e coraggio, un romanzo di successo scritto dal vincitore del prestigioso Man Booker Prize 2015 con Breve Storia di Sette Omicidi.

“Due gambe nere divaricate e una bocca di madre che grida. Un ventre fragile ha ucciso una vita per farne nascere un’altra. Il neonato che si dimena per terra nel sangue è una bimba con la pelle più scura della mezzanotte ma occhi verdissimi. Io la chiamerò Lilith.”

La schiavitù nella storia.

La storia comincia così, alla fine dell’ottocento, in Giamaica, su quell’isola che da sempre a noi occidentali contemporanei ricorda Bob Marley, la musica reggae e quell’erba proibita, paradossalmente simbolo della libertà più sfrenata e di un vivere leggero e indipendente, all’insegna di una condivisione fraterna… Per questo stride tanto da far male ai sensi e alle orecchie, la differenza tra questo luminoso quadro, dipinto dall’immaginario collettivo, e quello invece ben più cupo, spennellato da quella che era la cruda realtà di quegli esotici lidi, quasi due secoli fa. La Giamaica era solo un pezzo di terra in mezzo al mare, governata dalla prevaricazione dell’impero Britannico; era un’isola da sfruttare economicamente grazie alle fiorenti piantagioni di cotone e soprattutto grazie alla schiavitù dei neri, che eliminava i costi di manodopera, perché i lavoratori non avevano paga, né orario, non avevano diritti né voce, non possedevano nulla, nemmeno se stessi, essendo la loro vita di proprietà dei loro padroni. L’unica cosa che possedevano, in realtà, è anche l’unica che non volevano, quella pelle scura, un poco ruvida, che per il “backra”, l’uomo bianco di potere, era la scusa per equipararli alle bestie, togliere loro la dignità di esseri umani per poterli usare come oggetti di lavoro, di piacere sessuale e quant’altro. Migliaia di uomini e donne strappati alle loro esistenze in Africa, da generazioni costretti a dimenticarsi di avere una vita, di avere desideri e aspirazioni, di ambire a qualcosa di diverso dal lavoro massacrante, o dalle poche ore di riposo angoscioso, che potevano essere le ultime anche solo per un capriccio… Uomini e donne costretti a mettere al mondo creature poi vendute al mercato, o uccise per piacere o come esempio, impossibilitate a formarsi una consapevolezza di essere umani o ad aspirare a un futuro sereno; nascituri che, come cuccioli in cattività, vivevano ogni giorno con l’unico obiettivo di arrivare a sera vivi, e col terrore costante di non riuscirci. Ma con il calare della notte, a volte la disperazione si attutiva in queste anime tribolate, e dentro si accendeva il timido ricordo di essere vivi, perché la pelle scura che sognavano di non avere svaniva nella notte, confusa nelle tenebre che tutto celano ed equiparano.

Pelle nera e sconfitta, o aspirazione alla felicità e ribellione?

Questa è soprattutto una storia di donne, e una di esse venne al mondo nel sangue: Lilith nasce alla tenuta Montpellier da una ragazzina di nemmeno quattordici anni, uccisa dalla lussuria e dalla violenza del soprintendente Jack Wilkins, il bianco, il “backra” che a quell’incidente chiamato figlia regalerà ben poco oltre al privilegio di non lavorare nei campi, ovvero quegli occhi verdi, marchio della vergogna di non essere comunque bianca, e di essere disprezzata e temuta anche dai neri, negra pure ai loro occhi. Assisteremo allora alla sua crescita, al suo divenire bella in un mondo in cui l’attrattiva può essere molto pericolosa, un mondo dove un bianco o anche un “johnny- jumper”, il nero che il padrone metteva a capo degli altri schiavi con frusta e coltello, può sfogare ogni suo prurito animale su qualsiasi donna che non abbia la pelle chiara. Ma Lilith è un’anima indomita, a volte anche feroce, la violenza come la frusta non la spezzeranno, così come non riusciranno ad estirparle la sensazione di essere diversa dalle altre schiave, la convinzione che il suo essere in parte bianca la renda migliore e meritevole di qualcosa di più: essere amata, e averne il diritto. La propensione alla felicità è innata e alla base della stessa essenza umana, l’esperienza e la consapevolezza non riescono a spegnerla del tutto, nemmeno di fronte all’orrore reiterato. Così non riuscirà a guarirla dalla speranza nemmeno Homer, la “negra di casa” Montpellier che tutto governa e tutti spaventa, col mistero della magia nera e di arcane credenze africane. Homer, la donna dura e rispettata anche da padron Humphrey; colei che sotto i vestiti nasconde una pelle ruvida di corteccia, striata dalla frusta, che in segreto complotta per la rivolta, per lo sterminio di coloro che le hanno strappato la vita, la femminilità, i suoi figli… E così, quando Lilith conoscerà “le donne della notte”, negre dannate con gli occhi diversi, come lei, verrà trascinata dalla corrente turbolenta del non sapere quale direzione prendere, sballottata tra il loro piano sanguinario di rivolta e il desiderio vivificante di sentirsi chiamare “amorino”, di essere “combolo”, intimi con qualcuno, e di arrendersi all’affetto di chi ce lo concede, fosse pure un bianco irlandese di nome Robert Quinn:

“Cosa vuol dire quando a letto ti fa voltare così che la tua faccia sia di fronte alla sua? Che vuol vedere il tuo piacere e il tuo amore e le tue lacrime, o che non sopporta la vista delle cicatrici che hai sulla schiena per causa sua?”

Alla fine, “Sei che lo dicono a sei, che lo dicono a sei…”, l’idea si diffonde, il complotto diventa reale, e la rivolta è la fine di tutto, o forse di nulla…
La scrittura di James è agevole e sostenuta, scorrevole e avvincente, pur mantenendo un tratto molto personale e verista, e questo si ottiene col superamento di qualunque timore nel descrivere situazioni anche cruente, e nell’uso di un linguaggio a volte volgare e becero ove appare necessario per non togliere sostanza alla veridicità e all’immedesimazione del lettore, che per nulla infastidito riesce così a calarsi in una vicenda ben sostenuta da conoscenze storiche approfondite, sapientemente utilizzate alla bisogna senza farne inutile sfoggio.

Il coraggio delle donne, la vittoria delle umiliate.

Le Donne della Notte è un romanzo storico che cattura e appassiona, e che prendendo il là dalla tragedia di secoli di schiavitù, fa riflettere sulla condizione di discriminazione che, ancora ai giorni nostri, molte categorie di persone patiscono, non ultime le donne. Quello che apre questa recensione, Le Schiave, è un quadro della fine dell’Ottocento di Tommaso Juglaris, pittore di Moncalieri, e mi è piaciuto perché comunica grazia, nonostante la situazione che rappresenta, di ingiusta privazione, violenza e prevaricazione, come se la composta pacatezza potesse preservare in parte una dignità costantemente avvilita. Ed è proprio un omaggio a loro questo libro, al coraggio che le donne hanno dimostrato in ogni parte del mondo, tra le pieghe della storia; una lode al non cedere mai, oltre i limiti del corpo, alla resa della propria anima. 

Luca

 

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paginerecensioni-donne-della-notteLe donne della notte
Marlon James
Editore: Frassinelli
Lingua: Italiano
Pagine 444|Rilegato
€20,00
ISBN 9788893420099
disp. in eBook

 

Trama.

Lilith nasce alla fine dell’Ottocento in Giamaica, all’interno di una piantagione di cotone, la Montpellier. La protagonista di questa storia ha due luminosi occhi verdi ma è comunque una schiava nera,  e cresce cercando di sopravvivere ai soprusi e alle brutalità dei bianchi, fino a quando non conoscerà le «donne della notte», schiave che tramano in segreto e fomentano la ribellione. Ma Lilith è un personaggio complesso, irrisolto, è convinta che i suoi occhi verdi  la rendano diversa, in parte bianca e dunque migliore rispetto alle altre schiave: «a volte vorrebbe che il grande Dio venisse a trascinare di nuovo via tutti fra le acque. La piantagione, la tenuta e la contea. Il paese e il mondo. Magari così tutti ricomincerebbero daccapo e gli schiavi sarebbero liberi e i liberi sarebbero schiavi»

 

L’autore.

Marlon James è nato nel 1970 in Giamaica, a Kingston, e attualmente si divide tra New York, la Giamaica e il Minnesota dove è docente universitario. I romanzi John Crow’s Devil e The Book of Night Women hanno avuto riconoscimenti importanti in America e grande successo di critica, mentre Breve storia di sette omicidi lo ha consacrato al vertice del prestigioso Man Booker Prize 2015.

 

3 thoughts on “Indomite! La schiavitù delle Donne

  1. A volte sembra troppo crudele. E pensi ” che bisogno c’è di essere così duri?”
    Poi ti rendi conto che semplicemente è realista, perché ciò di cui si parla in questo libro è ciò che effettivamente è successo ai tempi della schiavitù.
    L’essere umano sa essere veramente mostruoso, peggio delle bestie.
    Eppure in tutta questa violenza può esserci anche un po’ di amore.
    E allora rinasce la speranza. ..e cerchi di credere che in fondo c’è sempre un buon motivo per continuare a vivere

    1. Le bestie fanno quello che la natura le spinge a fare, anche l’uomo in teoria, ma certo sa essere crudele in un modo particolare… E’ vero, l’uomo è fatto di magia e di orrore, il quesito è quale parte riesce a far prevalere…

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