Parlaci, Simona, della nostra paura.

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Parlaci, Simona, della Nostra Paura – Parla, Mia Paura – di Simona Vinci.

 

Parla, Mia Paura, è un piccolo grande libro che Simona Vinci dona ai suoi lettori, ma anche a chi non la conosce, e invece dovrebbe, vivendo ogni giorno gravato da un peso, accompagnato da un’ombra, limitato dal timore e dal pericolo; dovrebbe conoscere lei e il suo vissuto, i temi che tratta nei suoi scritti così personali, così sinceri e senza pelle, e scoprirebbe un’affinità naturale, una comunanza di fatica e coraggio, una “corresponsione di umani sensi” che allevierebbe il fardello col sollievo della condivisione. Simona ci è nota e vicina per il bellissimo La Prima Verità, vincitore del Campiello 2016, e per averla incontrata in quel di Monza in occasione della toccante, disarmante, mostra fotografica di Antonella Pizzamiglio sul dramma di Leros; i pezzi che ne abbiamo tratto sono fra i più visualizzati e condivisi del blog, a testimonianza di quanto, una materia delicata e incandescente quale il disagio, riguardi in realtà molti, se non tutti, perché l’ombra del mostro può oscurare il sole della nostra vita ogni giorno, oppure soltanto qualche volta, ma in pochi sono immuni: proprio perché vivi, quasi nessuno non l’ha incontrato mai, scoprendosi piccolo, indifeso e disperato…

Melancholia, Male Oscuro, Oscurità trasparente.

Quella che, come ci racconta Simona, Ippocrate chiamava “Melancholia”, Berto “Il Male Oscuro” e Styron “Un’oscurità trasparente”, gravava lei col nome tecnico di “depressione ansiosa reattiva”, che era nata da un lutto, dalla mancata elaborazione di una perdita, forse ancor più annichilente per il suo crudele lasciare in sospeso un rapporto ancora non pienamente realizzato, che poteva conoscere un futuro, evolversi, e invece è rimasto cristallizzato nel se, e nei forse, di un domani perduto per sempre. Un accadimento così, può fare disastri dentro, e rendere intollerabile il fuori, nel mondo… Ma non sempre c’è una spiegazione alla paura che ci accompagna nelle nostre giornate, che ci isola dal mondo e dagli altri, che ci spinge a rinunciare alla gioia del fare e del provare; la mente e l’anima sono misteriose e spesso sembrano essere aliene alla realtà che dovrebbero abitare, quasi mancasse loro una capacità di adattamento ad un ambiente ostile, o percepito come tale. E allora la paura diventa l’amica, nemica inseparabile, ingorda, perché ci consuma da dentro, non ci dà tregua nemmeno di notte, quando sotto le coperte il cuore batte all’impazzata impedendoci di dormire, di riposare. Mi ha colpito la considerazione di Simona in merito alla difficoltà di dormire, perché il sonno è abbandono, è una resa che chi ha il demone accanto non può permettersi; a pensarci risulta crudele all’inverosimile, l’idea che la paura, di vivere, di morire, oltre a limitare e rendere difficile, se non impossibile, la propria realizzazione nel mondo, renda ancor più interminabile una permanenza tanto sofferta, negando qualsiasi tregua.

Il coraggio di mettersi a nudo.

Quello che Simona Vinci riesce a fare con questa testimonianza così personale, è mettere in scena un coraggio che colpisce, ma non lo fa in modo sterile, fine a se stesso, bensì trasmettendo quel coraggio e quel bisogno di sincerità e condivisione, rendendolo contagio; quando osserva che lo scrittore scrive per essere assolto dagli altri e da se stesso, ci rimanda, per chi c’è stato, all’oscurità del confessionale, al bisogno liberatore di mettere l’altro a parte di ciò che ci pesa, chiedendo di essere accettati… Chi non si è confessato ad un prete, o ad uno psicoterapeuta, forse non può capire cosa significhi sentirsi leggeri, compresi o semplicemente ascoltati, non può avvertire il sollievo che si prova ad uscire, anche solo per un attimo, dall’isolamento che ci allontana dagli altri, perché gli altri non capiscono… No, non sono stupidi gli altri, certo che no, ma se non hai conosciuto la paura, se non sei stato spezzato e accucciato a terra sotto il peso di un attacco di panico, se non hai almeno una volta pensato alla fine come una pace ambita e liberatrice, non puoi capire il dramma che si agita dietro gli occhi di chi ti parla, lo avvertirai come debole, guasto, lo approccerai con parole accondiscendenti, di incoraggiamento, magari un poco energiche perché ci vuole, che diamine, un po’ di coraggio per Dio… Di fatto chi soffre è solo, non compreso si allontana, si isola nel profondo di se stesso. Ripeto, Simona contagia con la semplicità del suo mettersi a nudo, perché è ristoratore, non sminuisce, e accende la luce di chi non vede e si crede solo. Io ho avuto la sventura e chissà, forse anche la fortuna, di essere passato da tutto questo, o quasi: dai farmaci che ti ottundono ma che ti danno la pace, almeno per un po’, dalla crescita e la scoperta dell’aprirsi con chi ha sensibilità ed esperienza di disagio e inquietudine, perché affidarsi e fidarsi, come dice Simona, spesso è l’unica cosa da fare; e ci dice anche che il primo attacco di panico della nostra vita ci rimane dentro, anche se lei non se lo ricorda… Io sì, ero a San Siro, in quell’arena, cattedrale maestosa e potenzialmente spaventosa, ad assistere a una partita della mia squadra del cuore, ero un ragazzino e c’era mio padre con me: ricorderò sempre come mi ha guardato, il volto impallidito e allarmato di chi osserva, impotente, una persona cara che sembra, ne sei quasi sicuro, stia per morire… Quello che voglio dire, mettendomi nel calderone insieme a tanti, è che chi non conosce la paura di vivere e di sentirsi inadeguato a farlo, non può comprendere quanto è difficile coesisterci, ma ci deve provare, perché avere paura significa essere vivi, il disagio, e il bisogno di placarlo, significano lavoro, ricerca di se stessi e comprensione degli altri, e la ricerca è sempre creazione, quasi sempre porta alla crescita; per qualcuno, più sensibile, più inquieto, la ricerca non finisce, mai… Forse Simona non sarebbe diventata la rara scrittrice che moltissimi amano, se non avesse avuto accanto, e non continuasse a lottarci, quel compagno oscuro che le parla dentro, e che lei traduce e comunica con la sua penna a coloro che non lo conoscono o comprendono, perché “le pagine non l’hanno mai tradita”.

Immaginazione, rinuncia al controllo, e ascolto; piccolo manuale di sopravvivenza.

Questo piccolo libro in realtà mi è costato tempo, perché chi ci si ritrova, si perde in ogni riga o pensiero, torna indietro a risentire le stesse sensazioni provate in passato e a riperdersi nello scoramento di una caduta, del coraggio ormai estinto, come un fuoco che langue; o a respirare a pieni polmoni l’aria vivificante di una rinnovata speranza, quando in fondo al tunnel fa capolino, inaspettata, la luce. Quello che ci lascia Simona Vinci, pur consapevoli che per tale materia delicata non ci sono ricette che tengano, è un prezioso bagaglio di esperienza, di chi ha vissuto e sofferto e che, avendo combattuto, conosce la guerra e ha più dimestichezza nell’affrontarla. E allora prendiamo a prestito i suoi consigli sul fidarsi e affidarsi, perché non tutti possono capire ma c’è chi ne è in grado: ci sono gruppi di ascolto, persone che avendo operato nel campo della psicoterapia o in strutture di salute mentale si mettono a disposizione di chi ha bisogno, gruppi di aiuto e auto aiuto, perché la condivisione allontana dal buco della solitudine e dalla vergogna del sentirsi diversi e incompresi. E poi c’è quella perla di considerazione che da sempre condivido, sull’uso dell’immaginazione per evadere dalla prigione del dolore, per arieggiare la stanza dall’aria viziata che la paura ci costruisce intorno, limitando la nostra azione, ogni nostro passo, negandoci le gioie ma anche i dolori che fanno crescere in un cammino complicato ma pienamente vissuto. Perché vivere è la prima risposta alla tirannia della paura:

Ogni giorno usciamo di casa e qualcosa di terribile potrebbe accaderci. L’unico potere che abbiamo è tentare di vivere al meglio il presente senza farci annientare dal terrore del futuro. L’unico potere che abbiamo è continuare a cercare lo sguardo degli sconosciuti senza vedere in loro dei nemici, ma sperando di trovare degli amici. L’unico potere che abbiamo è fidarci della nostra immaginazione e cercare di guidarla verso pensieri positivi, anche quando stiamo attraversando una selva oscura: il buio può parlare e non è detto che le sue siano soltanto parole dolorose.

Il 23 Settembre sono vent’anni, Simona ha ricordato la perdita patita e ha confessato che dentro di lei qualcosa ha ceduto, e dunque può proseguire. Una piccola ma preziosissima dedica a E. Mi sono sentito fragile e vicino a lei e al suo stato d’animo, a questa malinconia eroica, di chi piegato, orgogliosamente non si è spezzato, e ho voluto farglielo sapere, scrivendole che sì, poteva proseguire perché è tosta, e anche E., sarà contento a saperla in cammino… Ha apprezzato. Chiudo questa recensione con un grazie a Simona, perché la sua resistenza e la capacità di farne testimonianza con le sue parole, non sono solo letteratura piacevole per qualcuno, bensì aiuto necessario per molti.

Luca

 

 

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paginerecensioni-parlaci-Simona-paura-copertinaParla, mia paura
Simona Vinci
Editore: Einaudi
Anno 2017
Pagine 128|Brossura
€13,00
ISBN9788806235901

 

 

Il libro.

Simona Vinci si immerge nella propria paura e cerca un linguaggio per confessarla. L’ansia, il panico, la depressione spesso restano muti: chi li vive si sente separato dagli altri e incapace di chiedere aiuto. Ma è solo accettando di rifugiarsi nel mondo e di condividere la propria esperienza che si sopravvive. La stanza protetta dell’analista e quella del chirurgo estetico, che restituisce dignità a un corpo di cui si ha vergogna, l’inquietudine della maternità, la rabbia della giovinezza, fino allo strappo iniziale da cui forse tutto ha avuto origine. Scavando dentro se stessa, Simona Vinci ci dona uno specchio in cui rifletterci. Si affida alle parole perché le parole non l’hanno mai tradita. Perché nella letteratura, quando la letteratura ha una voce così nitida e intensa, tutti noi possiamo trovare salvezza. Simona Vinci ha vinto il Premio Campiello 2016 con La Prima Verità.

 

L’autrice.

Simona Vinci è nata a Milano il 6 marzo 1970 e vive a Budrio, in provincia di Bologna. Ha studiato Lettere Moderne all’Università di Bologna e con altri giovani scrittori fa parte della redazione di Incubatoio 16, rivista letteraria in Internet. Il suo esordio letterario risale al 1997 con Dei bambini non si sa niente (Einaudi Stile Libero). Il romanzo ha suscitato diverse polemiche, ottenendo un grande successo di pubblico e di critica ed è stato tradotto in dodici paesi. Del 1999 è la raccolta di racconti In Tutti i Sensi Come l’Amore, sempre per Einaudi. In mezzo due libri per ragazzi: Corri Matilda (Edizioni Elle, 1998) e Matilda city (Adnkronos Libri, 1998). Concorre al Premio Alassio Centolibri con il libro Come prima delle madri (Einaudi, 2003), finalista anche allo Strega e al Campiello. Del 2007 è Strada provinciale tre (Einaudi) e del 2009 Nel bianco (Rizzoli). Nel 2010 ha collaborato alla raccolta Sei fuori posto (Einaudi); nel 2016 esce La prima verità (Einaudi).