Le altissime torri; al-Qaeda e l’11 Settembre

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– Le Altissime Torri; Al-Qaeda e l’11 Settembre – di Lawrence Wright.

Le Altissime Torri è stata una rivelazione per me; ne ho sentito parlare al telegiornale in occasione della tragica ricorrenza dell’11 Settembre, e il servizio giornalistico lo dipingeva come il più completo e preciso resoconto della nascita e dell’inasprimento del fenomeno terroristico islamico, dalla fine della seconda guerra mondiale all’abbattimento delle torri del World Trade Center; in particolare colpisce il fatto che l’opera vincitrice del Premio Pulitzer 2007 a tutt’oggi rimanga il resoconto più esaustivo e illuminante per apprendere non solo i fatti veri che hanno portato alla catastrofe newyorkese, per lo più oscuri alla maggior parte degli occidentali, ma anche per comprendere i motivi che hanno spinto un terrorismo per lo più regionale e tutto in seno ai popoli della religione del profeta, a rivolgersi con tanto odio e determinazione verso l’occidente ed in particolare gli Stati Uniti d’America. Scritto nell’avvincente prosa del giornalismo d’inchiesta, Le Altissime Torri svela una storia della seconda metà del ‘900 che in pochi conoscono davvero, una storia che parte dall’Egitto nel 1948, passando dall’America degli immigrati, continuando in un’Arabia Saudita improvvisamente ricca, e poi dall’Afghanistan eternamente in lotta, prima coi sovietici, poi coi mujahidin, e infine coi taliban.

Diverse anime unite dalla violenza, che da mezzo diviene fine: la morte fine a se stessa.

Il padre di Osama Bin Laden era uno degli uomini più ricchi ed influenti dell’Arabia Saudita, un paese che in pochissimo tempo si era arricchito in modo spropositato grazie alla scoperta e all’estrazione del petrolio, e grazie all’America, artefice materiale dell’impresa. Bin Laden aveva costruito la maggior parte degli edifici pubblici del paese, e ristrutturato quelli sacri, da La Mecca a Medina, era dunque diventato, da manovale immigrato yemenita, il costruttore della famiglia reale e uomo più ricco del regno. Osama era uno dei suoi oltre quaranta figli che aveva vissuto nell’agio la sua infanzia e adolescenza, insieme alla madre divorziata e al patrigno. Animo inquieto, aspetto elegante dall’aura mistica che nascondeva in realtà parecchie contraddizioni e ben poche convinzioni, Bin Laden cercherà sempre di emergere, in una famiglia che solo nell’azione e nei successi innalzava i suoi membri, e paradossalmente, il modo che alla fine sceglierà per farsi notare sarà antitetico a quello creativo del padre, ovvero la distruzione. Ayman az-Zawahiri era invece un medico egiziano che a quindici anni già dava vita ad una cellula che si proponeva di rovesciare il governo; arrestato nel 1981 in seguito all’assassinio del presidente Sadat, conoscerà nelle carceri la violenza e la tortura che inaspriranno una visione intransigente di società, basata esclusivamente sui dettami religiosi e non sulla democrazia, retaggio occidentale di vacua perdizione. Saranno queste due anime profondamente diverse, l’una in cerca di uno scopo, ricca di capitali e dalla presenza capace di attirare accoliti, l’altra, già a capo di un movimento sanguinario e leader ideologico della futura al-Qaeda, a dare vita ad un’organizzazione il cui unico scopo sarà la morte fine a se stessa, senza un obiettivo concreto come il rovesciamento di un governo, ma solo quello di scacciare e distruggere l’America, nulla di realizzabile dunque e soprattutto, un terrorismo che esce dal Medio Oriente per la prima volta, non più una lotta intestina all’islam ma una lotta ideale per la conquista e la salvezza del mondo intero. L’origine di tutto questo si può far idealmente risalire al 1948, quando Sayyd Qutb, pedagogista e scrittore, futuro fondatore del jihad moderno, fuggito dall’Egitto negli Stati Uniti e rimastovi qualche anno in pieno maccartismo, farà poi ritorno nel suo paese scrivendo un libro, “Pietre Miliari”, scintilla che darà origine al movimento islamista radicale e a cinquant’anni di carneficine, culminate in quel fatidico 11 Settembre 2001. Questo il pensiero di Qutb:

…una volta svanito il sogno dell’operaio medio di diventare ricco, l’America si sarebbe inevitabilmente volta al comunismo. Il cristianesimo si sarebbe rivelato impotente perché la sua esistenza era limitata al regno dello spirito, come una visione in un puro mondo ideale. Invece l’islam era un sistema completo, con tanto di leggi, codici sociali, regole economiche e un proprio sistema di governo. Soltanto l’islam offriva una formula per la creazione di una società giusta e timorata di Dio. La battaglia non era tra capitalismo e comunismo, ma tra islam e occidente.

Si poteva evitare?

Ebbene sì, la domanda più pronunciata legata all’11 Settembre ha una risposta chiara e forte che emerge dalla lettura di questo libro e dai fatti incontrovertibili che testimoniano come l’incompetenza, ma ancor di più un’eccessiva burocrazia dei servizi di sicurezza e di intelligence americani, oltre che un’ottusa e sterile competizione e litigiosità tra gli stessi, ha portato ad ignorare o a non condividere informazioni di cruciale importanza che avrebbero condotto facilmente all’arresto dei dirottatori, della cui presenza sul suolo americano la CIA era a conoscenza da oltre un anno… Detto questo va anche dato un peso importante al fatto che per l’America il terrorismo islamico era una novità pressoché sconosciuta, i nemici erano sempre stati altri, l’ultimo della serie il comunismo, dunque questo può spiegare il fatto che mentre in Medio Oriente, da anni, Bin Laden era un nome conosciuto e preoccupante per il suo impegno sobillatore, in particolare per l’Arabia Saudita che lo aveva prima ripudiato e poi ricercato, per l’intelligence americana era solo un nome di poco conto i cui strali e le invettive si perdevano nella molteplicità delle urla di dissenso nel confusionario mondo arabo. Dunque sì, l’America aveva sottovalutato al-Qaeda e i suoi capi, un’organizzazione le cui azioni, benché ricche di inventiva e simbolismi di forte impatto, non erano state particolarmente difficili da congegnare. Solo quando si è destata sotto i cumuli di macerie, l’America si è resa davvero conto di avere un nuovo nemico. Questo libro comunque aiuta anche a sfatare un mito, alimentato in parte da un certo tipo di cinematografia, circa l’infallibilità dell’intelligence e delle forze armate americane, che in possesso di tecnologie milionarie hanno spesso dimostrato un’imbarazzante incapacità nell’utilizzarle, un esempio su tutti il presunto grande successo sbandierato dall’amministrazione Clinton, ovvero il campo di al-Qaeda individuato dai satelliti spia e bombardato con una pioggia devastante di missili, la maggior parte dei quali, in realtà, per niente andati a segno e altri rimasti inesplosi e rivenduti al Pakistan da Bin Laden in cambio di qualche milione di dollari, capace di ridare ossigeno ad un’organizzazione in quel momento col fiato corto. Lascia anche allibiti il fatto che solamente dopo un decennio il famigerato Osama è stato raggiunto dalla giustizia americana, mentre il suo compagno e successore, Zawahiri, ancora oggi, diciassette anni dopo l’eccidio delle torri, rimane libero e introvabile, sempre a capo di un’organizzazione che, seppur ridimensionata nelle azioni e nella visibilità dall’efferatezza dell’ISIS, rimane una realtà altamente destabilizzante e spietata.

In loving memory.

Doveroso e sentito, in questo libro non manca l’omaggio alle migliaia di vittime che nell’immane tragedia hanno perso la vita, si parla di uomini e donne che ne sono stati coinvolti ma anche di coloro che coraggiosamente si sono sacrificati per portare soccorso, le forze dell’ordine e i pompieri della città di New York, e di coloro che hanno lottato per evitare che accadesse, come l’investigatore dell’FBI John O’Neil, indefesso e geniale nel suo lavoro, quanto fragile e dissoluto nella vita privata, il più vicino a prevenire l’attentato, e voluto dal destino nelle torri al momento del suo compimento… Come un romanzo, come una biografia, questo libro è anche la loro storia, delle vittime, e di tutti coloro che si prodigano per evitare che ce ne siano ancora.

Luca

 

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paginerecensioni-alQaeda-11Settembre-copertinaLe altissime torri
Laurence Wright
Editore:Adelphi
Anno:2019|pag.589
Brossura
€14,00
EAN9788845933318

 

 

La trama.

Questa storia parla di un saudita non poi così ricco, né così carismatico, né così brillante, che l’incontro con un medico egiziano ha trasformato nell’immagine stessa del terrore globale; di una vicenda ormai molto lunga nata dalle pagine roventi che il padre fondatore del jihad moderno, Sayyid Qutb, scrisse negli anni Quaranta durante il suo soggiorno americano; di un progetto vagheggiato fra i campi di Al Qaeda in Sudan e le montagne afghane, e a lungo ritenuto irrealizzabile; di come il complicato reticolo di mosse destinato a realizzarlo avesse destato i sospetti dell’investigatore più anarchico, inaffidabile e tenace dell’FBI, John O’Neill; della frenetica corsa contro il tempo di O’Neill per impedire un attentato che poteva essere impedito; della sua sconfitta, e della sua morte proprio nel crollo delle Twin Towers. Di tutto questo, e di innumerevoli altre vicende e figure, è intessuta la ricostruzione di Wright su come sia nata e si sia sviluppata al Qaeda.

 

L’autore.

Lawrence Wright è giornalista e autore statunitense. Dopo aver scritto per Texas Monthly e Rolling Stone, dal 1992 collabora con The New Yorker, dove pubblica importanti inchieste, tra cui i reportage investigativi che vanno a comporre Gli Anni Del Terrore (Adelphi 2017), incentrato sulle storie e i personaggi relativi ad al-Qaeda, i metodi con cui due agenti dell’FBI tentano di ostacolarli, le prime esecuzioni in diretta web dell’ISIS. Altre sue pubblicazioni: La Prigione Della Fede, che fa luce sulla Chiesa di Scientology.
The Looming Tower (Le Altissime Torri, Adelphi 2007), il suo libro più conosciuto, delinea la nascita e lo sviluppo del terrorismo islamico fino all’attacco dell’11 settembre. Con questo libro Wright ha ottenuto ben nove premi e riconoscimenti, tra cui il prestigioso Pulitzer nel 2007 e il PEN Center USA Literary Award.
Ha lavorato anche come sceneggiatore e produttore nel film di azione Attacco Al Potere (1998) e in Going Clear: Scientology e la Prigione della Fede (2015); per quest’ultimo ha anche recitato la parte di sé stesso.