Amore e fragilità in terra di mafia; io sono la bestia.

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Amore e Fragilità in Terra di Mafia – Io Sono la Bestia – di Andrea Donaera.

 

Io Sono la Bestia, di Andrea Donaera, è stata per me una sorpresa che dire piacevole è un “eufemismo”; sorrido mentre lo scrivo perché con queste parole ho citato l’autore, e chi ha avuto la fortuna di leggere questa storia capisce cosa intendo… Quando una mia collega libraia, sempre puntualissima nel segnalarmi romanzi affini ai miei gusti letterari, me lo ha suggerito, le prime pagine di questo piccolo libro mi hanno lasciato un po’ perplesso, perché nell’eccessiva enfasi degli stati d’animo, nel ripetersi ossessivo di certi concetti e pensieri, che si rispecchiava conseguentemente anche nella prosa con termini reiterati quasi fino alla noia, vi ho subodorato l’ingenuità del giovane autore inesperto che, inconsapevole della propria voglia di piacere, carica il testo di un’intensità emotiva e stilistica alla fine intollerabili, ottenendo di fatto il contrario di ciò che desiderava, ovvero l’essere letto… Quanto mi sbagliavo, quanto mi ha lasciato ammirato questa prosa e quanto, questa storia, mi ha emozionato nella sua semplicità disarmante e crudele.

La vicinanza dell’altro che smuove una vita assopita.

Nicole è solare, bella ed innocente… Veli è il suo guardiano, in quella casa sperduta nella campagna salentina, e non può lasciarla scappare; lei però è così vera, sì, innocente, e non poteva sapere che Michele, il ragazzino che le ha regalato un quaderno di poesie, era il figlio di Mimì, il boss della Sacra, la mafia per intenderci: così, quando ha riso di lui, ma non per cattiveria, bensì per la situazione così strana, non poteva immaginare nemmeno che lo spasimante si sarebbe poi tolto la vita, per via della sua reazione. Ed ora è lì, è proprio Mimì che ce l’ha fatta portare, perché vuole vendetta, e lui, Veli, non può farla scappare. Però lei gli parla, gli guarda dentro, e davanti a lei lui non si sente più di essere il niente che è diventato, da quando Mimì lo ha imprigionato e reso carnefice, allontanandolo dal mondo solo perché amava sua figlia. Ebbene sì, lui non si sentiva più niente, ma adesso c’è lei che lo sfida, che ha paura ma non di lui, che gli sorride, che gli urla e che gli taglia la barba… Lei è innocente, lei è vera, ma non sa che Mimì la vuole morta.

Dialoghi e interiorità quali veicoli di un linguaggio verista e diretto, che mette a nudo.

Ebbene sì, questo giovane autore ha fugato la mia iniziale diffidenza, dalla prima all’ultima pagina mi ha avvinto con una prosa unica, viscerale e pregna di contenuti, capace, essa stessa, di essere storia, veicolo per comunicare perfettamente concetti, stati d’animo, personaggi che divengono estremamente reali e dolenti; le equivocate ripetizioni nella parlata sono funzionali ad un’ambientazione pugliese in cui il dialetto, onnipresente, parlato e pensato, centra l’obiettivo di un verismo che diviene estremo, quasi carnale. La novità di Donaera è che scrive senza raccontare, i fatti emergono dai dialoghi tra i personaggi, sono loro a raccontarceli indirettamente, e un dialetto ora urlato, ora mozzicato, e ancora a volte musicale, ammanta i fatti di quell’emotività e di quella vita interiore che hanno generato o che li ha causati. Ma la capacità comunicativa dell’autore si ammira anche, e forse ancor di più, nell’intimità dei personaggi, nei loro pensieri così personali e profondi, nei loro ricordi e desideri, tanto che è quasi l’interiorità la voce narrante di questa storia: Mimì l’uomo di mafia, Arianna e sua madre, Veli, Michele, con le sue poesie affrante, ma anche Vincenzo, Nicole l’innocente, tutti veri ed indifesi, e mano a mano che la storia procede sembrano quasi spogliarsi, rimanendo nudi, infine, davanti al lettore:

Con questa ragazzina io non lo so più cosa voglio. Con questa ragazzina mi si rovescia addosso l’inconscio come un calamaio su un foglio, mi macchia tutti i pensieri.

Terra di mafia, terra di violenza e disincanto, dove nessuno vince se non la paura.

Io Sono la Bestia ci presenta molteplici temi, l’amore osteggiato o impossibile, la solitudine dell’adolescenza, la delusione con cui la vita ad un certo punto arriva a gravarci, la perdita di ogni speranza… Sono temi universali, quelli che accompagnano l’esistenza di ognuno di noi, e Donaera li rappresenta mettendo in scena una comune tragedia domestica, dalla quale emerge l’importanza dell’ambiente in cui si vive, del modo in cui si interpreta la socialità, e si evince pure una particolare visione della vita: la Puglia, Gallipoli, la terra che si abita in questa storia appare come un vero e proprio protagonista, motivo dei ruvidi legami famigliari, della disincantata sottomissione della donna, della prevaricazione maschile che diviene violenza bestiale e morte, quando l’offesa e la perdita sono motivo di vendetta in un contesto in cui la mafia, e il suo perverso senso dell’onore, continuano a farla da padrone. Ma appare comunque chiaro che malavita e prevaricazione sono il sintomo e il prodotto di una cultura in cui la paura è il sentimento più diffuso, e la sopravvivenza rimane dunque il primo obiettivo, da raggiungere a scapito di qualunque altro e di chiunque altro. Ostentazione di forza, ma profonda debolezza e fragilità:

Le sembra una pietra sua madre. Un muro, anzi. Fatto di quella pietra misteriosa, con cui, centinaia di anni fa, sono state costruite le chiese e le case più vecchie del paese. Si potrebbero sgretolare a mani nude, quei muri e quelle chiese.

La paura, infine, è la vincitrice in questa storia di mafia e dolore, perché muove Mimì, la bestia, per tutta la vita, accompagna ogni altro singolo personaggio impedendogli di vivere come vorrebbe e di ribellarsi come dovrebbe, se non divenendo, esso stesso, bestia. La paura è il nemico, perché cambia tutto per nulla cambiare, e tristemente lo si evince alla fine di questo intenso dramma, quando la figlia, seppur così diversa dal padre, come lui odia, come lui dice “basta”.

Storia d’amore e perdita, storia di mafia e follia, Io Sono la Bestia è un romanzo avvincente e toccante, capace di commuovere e sconcertare, una storia piccola ma immensa per quanto è capace di toccare e far vibrare le corde più nascoste del cuore umano, mettendo a nudo un’interiorità fragile ma sempre sognante. Bellissimo.

Luca

 

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paginerecensioni-amore-terra-mafiaIo sono la bestia
Andrea Donaera
Editore:NN Editore
Anno:2019
Pagine 226|Brossura
16,00€
EAN9788894938463

 

La trama.

Mimì è folle di dolore: il figlio Michele, quindici anni, si è tolto la vita. Si dice che sia colpa di Nicole, la compagna di scuola, che ha rifiutato ridendo il suo regalo, un quaderno di poesie. Mimì non è un padre come gli altri. È un boss della Sacra, la mafia, e per quel gesto vuole vendetta: così prende Nicole e la rinchiude in una casa sperduta nella campagna salentina. Il guardiano della casa, Veli, rivede in Nicole la ragazza che ama: Arianna, la figlia maggiore di Mimì. Anche Arianna ama Veli. O forse lo amava, prima che la morte del fratello bruciasse tutto e tutti come un incendio. Tra Veli e Nicole fiorisce un legame fatto di racconti e silenzi, ma anche di sfida e ferocia. In una narrazione a più voci, animata da una lingua che impasta prosa, poesia e musica, Io Sono la Bestia racconta storie d’amore anomale, brutali, interrotte.

 

L’autore.

Andrea Donaera è nato nel 1989 a Maglie ed è cresciuto a Gallipoli. Nel 2019 ha pubblicato la raccolta Una Madonna che Mai Appare, all’interno del XIV Quaderno italiano di poesia contemporanea edito da Marcos y Marcos. Io Sono la Bestia è il suo primo romanzo.

 

2 thoughts on “Amore e fragilità in terra di mafia; io sono la bestia.

  1. Non so se la vera storia, centrale, del racconto sia la vicenda di Veli e Nicole. Come non credo che lo sia il mondo mafioso con le sue violenze, le sue assurdità, il suo anacronismo…
    Credo che l’autore sia più interessato ad indagare sui tabù a sfondo sessuale (l’incesto tra fratello e sorella) e la violenza, sempre a sfondo sessuale, che si tramanda -come un cancro- di generazione in generazione fino a portare alla follia pura proprio perché incomprensibile, inconcepibile, innominabile, in una sottocultura retrograda e primitiva come quella mafiosa.

    1. Certo anche queste sono devianze trattate nel libro, compatibili con un vivere di arcaica prevaricazione che ignora l’incontro con l’altrui anima e il reciproco arricchimento che ne deriva, limitandosi appunto a prevaricarla, possederla idealmente e fisicamente, dando sfogo ad un istinto che al momento appaga con un’illusoria onnipotenza, ma che nella sostanza lascia il vuoto e la paura di non avere alcun controllo su se stessi e sulla realtà.

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