Essere senza radici; perdere il proprio mondo

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Essere senza radici; perdere il proprio mondo – Resto Qui – di Marco Balzano.

Resto Qui è l’intenso romanzo del Premio Campiello 2015: Marco Balzano scrive in queste pagine il romanzo storico di un paese lacerato dalla guerra, il romanzo di un’Italia che non si fa amare dai suoi cittadini e che li costringe ad un’appartenenza che essi non sentono; in una terra di confine quale il Sudtirolo, la gente agogna la libertà da un fascismo prevaricatore, e vede nella lingua tedesca il fondamento di un’identità da preservare anche clandestinamente, se pure a rischio della vita, anche se per non smarrire le proprie radici sarà necessario cambiare patria emigrando come reietti. Ma è anche il romanzo di chi non si è arreso, di chi al suo paese e alla sua terra non ha voluto rinunciare, e perdendo affetti e possedimenti, tutta la propria vita, non ha perso però le proprie convinzioni.

Curon, un paesino come unica patria.

Trina insegna il tedesco ai bambini, e lo fa clandestinamente nelle stalle, nelle cantine, là dove i fascisti non la possano arrestare o malmenare, perché quella lingua è ormai bandita, Mussolini ha fatto cambiare anche i nomi sulle lapidi del cimitero; Curon è l’unica patria per lei e per i suoi concittadini, perché l’Italia li considera stranieri, mentre il paese di cui hanno sempre parlato la lingua non li può accogliere, dunque quella diga, la cui progettata costruzione minaccia da anni le loro case ricordando loro che presto o tardi dovranno lasciarle, è come una spada di Damocle che grava sulla loro quotidianità minandola con la precarietà di un albero senza radici e senza un terreno su cui appoggiarsi. Erich è l’unico uomo che Trina abbia mai guardato ed è quello che sposerà, seguendolo sempre e comunque, anche quando la sua ostinazione lo opporrà pericolosamente ai fascisti e al demone della diga, anche quando la guerra spazzerà via ogni sicurezza e appartenenza, rubando loro una figlia e costringendoli alla fuga sulle montagne; aborrendo il fascismo non meno del nuovo demone tedesco, e sradicati da qualunque terra, rimarranno sempre fedeli, nel bene e nel male, a se stessi.

Essere senza radici.

Resto Qui è il romanzo dei senza radici, di tutti coloro che da sempre legati ad una terra ne vengono scacciati, coloro che in bilico tra due culture, da entrambe vengono rifiutati e costretti in un limbo immeritato. La seconda guerra mondiale, tra gli infiniti disastri di cui è stata artefice, ha l’ulteriore colpa di aver esasperato e fatto esplodere annali questioni etniche e di appartenenza che sobbollivano tra le pieghe della storia; il Sudtirolo è solo uno dei dolorosi campi di battaglia su cui si sono combattute queste spiacevoli guerre discriminatorie, a volte sfociate in vere e proprie atrocità come quelle delle foibe. Non è una questione marginale quella dell’identità nazionale e culturale; a volte, presi dallo sconforto e dalla rabbia per le mancanze del nostro paese, non riusciamo a immaginare cosa significherebbe non averne uno, essere senza patria vorrebbe dire sopravvivere in un campo incolto, senza passato e tradizioni, cultura e conoscenza, storia e dunque coscienza collettiva da tramandare alle generazioni future. La violenza non è soltanto fisica, ma è anche emotiva e culturale, perdere tutto questo è una violenza inconcepibile.

Non aveva più le sue bestie, il suo campo era stato sommerso, non era più un contadino, non abitava più il suo paese. Non era più niente di quello che voleva essere e la vita, quando non la riconosci, ti stanca in fretta. Non ti basta nemmeno Dio.

Resilienza come mezzo, coerenza e dignità come fine.

Quella di milioni di persone cacciate, uccise, discriminate e quant’altro, è la storia di una guerra che ha visto il mondo intero impazzire, perdendo ogni regola, ogni senso del rispetto e dell’umanità. Ma in mezzo a tanto orrore, il miracolo vero è l’umanità che nelle vittime si è rinnovata, nella resilienza che hanno dimostrato, sopportando e lottando per sopravvivere nel caos, per proteggere i propri cari, la propria storia, quello in cui credevano e dunque le proprie radici, e anche quando tutto era ormai perduto, salvando e preservando fino in fondo, come fine e senso ultimo, la propria dignità di esseri umani:

Ma’ aveva gli occhi scoloriti e la faccia rugosa come una foglia secca. Eppure ancora stringeva i pugni, ancora lottava per non farsi derubare i giorni dai troppi pensieri. Non c’è tempo per fermarsi a dolersi di quello che è stato. Andare avanti, come diceva Ma’, è l’unica direzione concessa. Altrimenti Dio ci avrebbe messo gli occhi di lato. Come i pesci.

Romanzo storico e popolare, storia di guerra e di famiglia, Resto Qui è un racconto magnificamente scritto che commuove, giustamente finalista al Premio Strega.

Luca

 

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paginerecensioni-essere-senza-radici-copertinaResto qui
Marco Balzano
Editore: Einaudi
Anno 2018|pag.192
€18,00
EAN9788806237417

 

 

La trama.

Quando arriva la guerra o l’inondazione, la gente scappa, ma non Trina. Caparbia come il paese di confine in cui è cresciuta, sa opporsi ai fascisti che le impediscono di fare la maestra. E quando le acque della diga stanno per sommergere i campi e le case, si difende con ciò che nessuno le potrà mai togliere, le parole. L’acqua ha sommerso ogni cosa e solo la punta del campanile emerge dal lago. Curon si trova in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua che hai imparato da bambino è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco, non resta che scegliere le parole una a una per provare a raccontare. Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa senza lasciare traccia durante gli anni del fascismo. Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di scriverle nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E così, mentre il lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina, all’improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l’altro, la costruzione della diga che sommergerà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine.

 

L’autore.

Marco Balzano è nato a Milano nel 1978, dove vive ed è insegnante di liceo. Ha esordito nel 2007 con la raccolta poetica Particolari In Controsenso (Lieto Colle, Premio Gozzano). Nel 2008 è uscito il saggio I Confini Del Sole. Leopardi e il Nuovo Mondo (Marsilio, Premio Centro Nazionale di Studi Leopardiani). Il suo primo romanzo è Il Figlio del Figlio (Avagliano 2010, finalista Premio Dessì 2010, menzione speciale della giuria Premio Brancati-Zafferana 2011, Premio Corrado Alvaro Opera prima 2012), tradotto anche in Germania. A questo primo romanzo hanno fatto seguito Pronti A Tutte Le Partenze (Sellerio 2013), L’Ultimo Arrivato (Sellerio 2014), con il quale vince nel 2015 il premio Campiello.

 

 

2 thoughts on “Essere senza radici; perdere il proprio mondo

  1. Grazie Luca per illuminare le nostri menti intristite da una quotidianità a volte pesante.

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