Vita di Rosa, prostituta per lignaggio e vocazione

indaga l’intimità violata e viziosa di un popolo che nella fretta si è dimenticato di se stesso, trovando nel fugace piacere a pagamento un compendio di quella piena soddisfazione fisica ed emotiva che solo la relazione affettiva è in grado di dare.

Vita di Rosa, Prostituta per Lignaggio e Vocazione – Dolcissima Abitudine – di Alberto Schiavone.

 

Fatti veri e realismo nella corsa sgangherata di un paese in pieno boom economico.

Con Dolcissima Abitudine, Alberto Schiavone ci consegna un lavoro complesso e maturo, uno spaccato nostalgico e ben documentato della storia del nostro paese, e non lo fa certo invitandoci a guardare dal buco della serratura, bensì spalancando davanti al lettore la porta dell’intimità degli italiani, una sessualità a volte dolcissima che si fa appunto abitudinario e bisognoso conforto, più spesso un’intimità pruriginosa e perversa che sa di rozzo consumo, un usa e getta perpetrato sul corpo e sull’anima di una femminilità a volte compiaciuta e collusa, ben più frequentemente senza una reale possibilità di scelta e di riscatto. Attraverso gli occhi e le abusate grazie della giovinetta Piera, meretrice per lignaggio, poi sbocciata in Rosa, prostituta professionista per vocazione, Schiavone, partendo dalla sua Torino, scandaglia il malinconico dipinto di un’Italia che dal boom del dopoguerra si è messa a correre come un’automobile sgangherata, disseminando sul suo percorso i sogni e la dignità di tanti uomini e donne incapaci di stare al passo; ma è sotto la tempera di quel quadro dipinto con troppa foga, che l’autore indaga l’intimità violata e viziosa di un popolo che nella fretta si è dimenticato di se stesso, trovando nel fugace piacere a pagamento un compendio di quella piena soddisfazione fisica ed emotiva che solo la relazione affettiva è in grado di dare. Ma attenzione, questo libro non è per tutti, l’autore ha fatto una scelta precisa, il realismo dei fatti e delle emozioni; la storia è infatti ispirata a personaggi e situazioni vere, il linguaggio è esplicito e senza filtri, l’autore lo ha voluto così perché così è realmente stato, il lettore lo deve sapere per fare obiettivamente la sua, di scelta: conoscere la storia di Rosa, quella vera, o immaginare soltanto un futuro diverso per quella giovinetta di nome Piera.

A sedici anni Rosa conosce gli uomini e ne ha incontrati più di cento. L’hanno usata, vezzeggiata per mezz’ora. Pagata, e saluti. Non ha frequentato principi innamorati, cavalieri coraggiosi. La sua esperienza è ancora acerba. Non comprende le sfumature. Del bianco conosce il vuoto e del nero la pesantezza.

Prostituzione e rinuncia; quando non si può scegliere.

Piera Cavallero nasce nel 1942 a Torino. Non studia ed è analfabeta ma ha un bel corpo e la madre le insegna il suo lavoro, quello più vecchio del mondo. Nei primi anni Cinquanta, in pieno boom economico, Piera impara il mestiere spiando, da un buco nel muro, la madre, con quei clienti che un giorno saranno suoi. Quando appena adolescente rimane incinta, Piera scopre per la prima volta di non poter decidere per se stessa e soprattutto, impara che vivere è anche rinunciare. E mentre la piccola Piera diviene Rosa la prostituta, l’emancipata, l’imprenditrice di se stessa che non deve più dipendere da nessuno, il vuoto generato da quella prima rinuncia l’accompagnerà per sempre, costringendola ad una prossimità con quel figlio ignaro, che non sarà mai vera vicinanza, se non forse più in là, quando la stanchezza del corpo e il peso degli anni la lasceranno sola, con quell’unico bisogno, di ricominciare da dove aveva lasciato… Da Piera.

Nessun giudizio di fronte alla fragilità e al bisogno, solo una disincantata partecipazione.

La prostituta Rosa è una donna che non ha potuto scegliere, è una vittima che, rifiutandosi di sentirsi tale, paradossalmente ha conservato una parvenza di dignità, cercando con coerenza di farsi piacere quello che ha sempre fatto, e riuscendoci anche in parte, tanto che il suo lavoro, la missione di appagare, ad un certo punto diviene anche per lei l’unica possibile soddisfazione al bisogno di vicinanza che una vita avara le ha sempre negato. Nella desolante incapacità di lasciarsi andare ad un legame affettivo autentico e corrisposto, per chi mai lo ha conosciuto e provato, risulta malinconicamente tenero il bisogno di trovare e farsi bastare una bellezza collaterale in quel che si possiede e padroneggia, per quanto torbido e, all’altrui sguardo, indignitoso:

Un tempo ti mandavo via perché dovevo imbastire la scena per la recita successiva. Ora ho tempo, ora non so cosa fare quando non lavoro. I miei clienti sono la mia vita. E niente altro. Ho paura.

E quando la fragilità si svela, ogni giudizio rimane sospeso, come fuori luogo, per cedere il passo all’empatia, ad una disincantata partecipazione.

Le nostre due vite: quella reale e quella che avremmo potuto vivere.

Ed è proprio il disincanto, un protagonista invadente di questa storia dura, generato da un’esistenza che ci conduce dove vuole, illudendoci di poter scegliere la nostra strada, lasciandoci invece incompiuti seppur gravati dal fardello ingombrante di due vite, una vissuta e subita, con un figlio che vive mestamente al piano di sopra senza sapere di avere ancora una madre, e un’altra che avremmo potuto e forse voluto vivere, e abbiamo solo sognato, con una famiglia e una casa piena di voci reali e gioiose, e non di quelle distopiche e assordanti della solitudine e del rimpianto:

La verità è che non ce l’ho mai avuta una spinta. Ora lo so. Ho fatto tutto questo perché ero su una macchina che correva. E io correvo con lei. Ho deciso tutto e non ho deciso niente. Non ho avuto nemmeno il tempo per sapere cosa facevo. Dovevo farlo. L’ho fatto.

Vivere e non mollare nonostante tutto; la vera dignità.

Questa è la storia di Rosa dunque, ma anche di Piera, quella che è stata e quella che poteva essere, la vita di una donna bellissima che poteva avere un grande amore ma ne ha avuti tanti piccoli; una donna che è stata adorata perché si è data per appagare, senza mai sgomitare per essere l’unica nel cuore di qualcuno. E’ la storia di un’Italia che si è data da fare per andare avanti, e quello che conta è non essersi arresi, e pazienza se il giudizio degli altri ci ha preso di mira, la dignità ce la costruiamo noi con le nostre fatiche, con le nostre rinunce, ad essere madre per esempio… Che ne sanno loro di quel che abbiamo patito, loro non hanno mai dovuto ingoiare uno scarafaggio, non hanno mai girato in taxi per Torino la notte di Natale, per non dover restare in una casa spoglia di affetti famigliari. Che ne sanno loro, sono io che rimango qui coi miei pensieri, e le mie malinconie; io ho vissuto, almeno…

Dopo Ogni Spazio Felice, storia tragica e dolcissima che molto ho amato, per la leggerezza e gli sprazzi di grazia capaci di illuminare con la speranza persino un tema delicato e dirompente come quello del lutto, con Dolcissima Abitudine torna il realismo e la prosa asciutta, ma estremamente evocativa, di uno scrittore che, nella coraggiosa e scomoda scelta di un tema ostico quale quello della prostituzione,  dimostra di aver raggiunto una piena maturità artistica, e che ben lungi dal perseguire il consenso ammiccando al lettore, lascia spazio totale alla verità della storia e del reale, riportandola incorrotta da compiaciuti giudizi.

Luca

 

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paginerecensioni-vita-Rosa-prostituta-copertinaDolcissima abitudine
Alberto Schiavone
Editore: Guanda
Anno: 2019|pag.252
€17,00
EAN9788823517202

 

 

La trama.

Torino, 2006. Piera, sessantaquattro anni, sta partecipando al funerale del suo ultimo cliente. Per gran parte della sua vita Piera Cavallero è stata Rosa, una prostituta. Ha avuto molto. Ha avuto niente. Ha avuto soldi, un piccolo impero economico insieme a una sua emancipazione personale. E ha avuto un figlio, che però non la conosce. Ma Rosa negli anni non ha mai perso di vista questo figlio. Gli è stata accanto senza farglielo sapere. Ora, giunta a fine carriera, sente che è arrivato il momento di chiudere i conti con il passato. Un passato che ripercorriamo dai primi anni Cinquanta, quando nella Torino in espansione del dopoguerra, Rosa inizia il mestiere in casa con la madre, che le ha trasmesso la professione appena adolescente. Seguiamo le sue vicende e la sua caparbia evoluzione. Gli uomini incontrati, le cadute, la solitudine rotta dai pochi amici e dai clienti che l’hanno accompagnata. La storia di Rosa, minuscola eppure incredibile, ispirata a figure e ambienti reali, si mischia con la storia del Novecento fino ad arrivare ai giorni nostri, insieme alla necessità spietata di trovare una difficile pace.

 

L’autore.

Alberto Schiavone è nato a Torino nel 1980. Ha esordito nel 2009 con La Mischia, definito da Gianni Mura uno dei migliori libri sportivi dell’anno. In seguito ha pubblicato i romanzi: La Libreria Dell’Armadillo (2012), Nessuna Carezza (2014) e Ogni Spazio Felice (2017) vincitore del Premio Fiesole Narrativa Under 40 e finalista al Premio Stresa.